Il progresso

Il progresso

È un peccato che il progresso - ottima cosa in sé - arrivi sempre un tantino in ritardo rispetto a quando sarebbe auspicabile. Se le lampadine fossero state disponibili fin dalla preistoria, le serate dei nostri progenitori sarebbero state meno buie e, allo stesso modo, se la ruota fosse stata inventata qualche millennio prima, gli stessi avi si sarebbero risparmiati non poche stancanti scarpinate.
Ma il progresso ha questa fastidiosa caratteristica: arriva quando il disagio è ormai stato inflitto. Bella cosa, oggi, avere a disposizione gli aeroplani: Marco Polo, povero lui, per i suoi viaggi dovette farne a meno. Avesse avuto in tasca qualche biglietto aereo e una tessera "frequent flyer", in luogo del «Milione» sarebbe arrivato quantomeno a scrivere «Il Miliardo».
Mi sia permesso di dire, tuttavia, che il più profondo rimpianto derivante da questa ostinata inerzia del progresso sta nella tardiva disponibilità di Facebook. A causa di questo irreparabile ritardo, ci siamo persi straordinari dettagli sulle vite dei Grandi. Pensate alle "info" nel profilo di Giulio Cesare: datore di lavoro, Repubblica romana; citazioni preferite, «Veni vidi vici», pagine, "Questo pomodoro avrà più fan di Pompeo Magno". O quelle di Priamo: datore di lavoro, città di Troia; citazione preferita, «A caval donato non si guarda in bocca».

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