Il record dei record

Qui lo dico e qui non lo nego: questa estate, in fatto di record, promette molto bene. Se fa caldo, come fa caldo, è un “caldo record”, se piove, come ha piovuto, è “pioggia record”. I record si registrano in tutta Italia: record a Nord, a Sud, sulle Isole, in pianura, al mare e in montagna. Non basta: anche in Europa è in corso un’ondata di record. Ho letto di “caldo record” a Belgrado, di “temperature record” in Francia e in “piogge da record” in Germania.

A dispetto del suo significato originale di “primato” e dunque in spregio alla sua unicità se non alla sua rarità ed eccezionalità, il record spunta come una pianta infestante su tutto il continente. I cercatori di funghi si lamentano perché, crescendo rigoglioso nel sottobosco, il record impedisce il naturale sviluppo del porcino mentre i pescatori sostengono che il record, intercettando i branchi di alborelle nei laghi prealpini, faccia strage lasciando pochissime prede a disposizione delle loro lenze. Forse esagero - anzi, la mia è un’esagerazione record - ma dovrà pur voler dire qualcosa questo disprezzo per la lingua che porta a ridefinire le parole in base a un significato provvisorio, incidentale, e non in relazione a quello assoluto, assegnato loro dal vocabolario.

In questo significato volatile, instabile, “record” è tutto ciò che appare eccezionale e smisurato: non in termini assoluti, si badi, ma sulla sensazione del momento. Non è dunque più necessario applicare al “record” così annunciato alcuna verifica oggettiva, ovvero se la temperatura registrata a Belgrado sia effettivamente la più alta mai rilevata in quella città, o se i millimetri di pioggia caduti a Karlsruhe siano davvero i più cospicui riscontrati nel Baden-Württemberg. Niente affatto: è “record” ciò che sembra record: nella ormai consolidata tradizione del terzo millennio, ognuno dice la sua e chissenefrega se è vero o no.

In questo spirito, è mio piacere e privilegio annunciare che, con tutta probabilità, questa estate 2013 sarà un’estate record da record.

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