Il rimorso dello schiavista

Il rimorso dello schiavista

Ho provato a calcolare quanto schiavi lavorano per me ma non ci sono riuscito. Non perché siano così tanti da rendere difficile l'addizione, piuttosto perché la calcolatrice, per il momento, non funziona. Vado a spiegarmi meglio.

Come sappiamo, il lavoro “ingiusto” è nel mondo un fenomeno diffusissimo. Che sia minorile, semplicemente sottopagato, o svolto in condizioni di pericolo e di nessuna tutela per la salute, in molti Paesi il lavoro è ancora oggi una condizione di inumana sottomissione e non un contratto tra parti consapevoli dei loro diritti. In altri termini, in certi Paesi il lavoro è ancora schiavitù.

Potremmo dire che la cosa non ci riguarda, che è questione da risolversi tra governi locali e organismi internazionali di tutela, ma non è vero: la questione ci coinvolge perché siamo noi ad alimentare quell'infame mercato di braccia acquistando i prodotti che da esso provengono. Lo facciamo inconsapevolmente, d'accordo, ma non per questo il risultato è migliore.

Il sito slaveryfootprint.org consente ora di calcolare, rispondendo a una serie di domande sulle nostre abitudini di consumatori, quanti schiavi lavorano nell'ombra per ognuno di noi. O meglio, lo consentirebbe se il server cui è collegato non fosse paralizzato da un impressionante eccesso di contatti. I responsabili del sito hanno promesso a breve un potenziamento del servizio, per cui restiamo in attesa. Nella parziale consolazione che, evidentemente, un gran numero di schiavisti si sente in colpa.

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