Il più autorevole a dirlo, anzi, a scriverlo, è stato ieri Beppe Severgnini sul Corriere della Sera: “Il mondo, una volta ancora, dovrà ammetterlo: nessuno è bravo come noi italiani a trasformare una crisi in una festa”. Non mi permetterei mai di polemizzare con Severgnini e, dunque, mi limito a registrare un dato di cronaca: leggendo quelle righe, mi è venuto da piangere.
Sapevo perfettamente che questa faccenda degli “italiani da non sottovalutare”, dell'“ancora una volta stupiremo il mondo” e, soprattutto, del “quando vogliamo non ce n'è per nessuno” sarebbe venuta fuori. Non posso farci niente: la litania mi irrita ogni volta che la sento. Prima di tutto perché è una paranoia del tutto nazionale: nessuno all'estero pensa che gli italiani “stupiscano il mondo” o che siano maestri di risorse inaspettate. Alcuni ci riconoscono per esempi di stile e gusto, ma anche per inaffidabili, disorganizzati e mafiosi. I più si limitano al cliché: pizza, calcio, torre di Pisa. La convinzione che questa presunta capacità di risorgere dalle ceneri sia un tratto nazionale è un'idea che, fuori dai confini, non è assolutamente accreditata. Sarebbe il caso, peraltro, di rifletterci sopra, perché se è vero – io ne dubito, ma supponiamo sia proprio così – che siamo insuperabili a “trasformare una crisi in una festa”, questo vuol dire che viviamo passando da una crisi all'altra da più di 150 anni, volendo limitarci all'Unità della nazione. Vuol dire insomma che, tra una “festa” e l'altra, viviamo lunghi periodi di lassismo, malaffare e indifferenza civica.
Siamo come un guitto d'avanspettacolo: bolso e patetico dietro le quinte, tutto sorrisi e charme non appena si accende il riflettore. Chiunque, in queste condizioni, si chiederebbe per quanto a lungo ancora potrà sostenere l'inganno e si riprometterebbe di presentarsi al mondo, la prossima volta, più sicuro e preparato. Noi invece siamo contenti di aver preso 6- perché, all'interrogazione, pur non avendo aperto il libro, abbiamo fatto ridere il professore. Non so voi ma, secondo me, gente così alla fine la bocciano.
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