Il roveto della paura

L’Isis attacca da Est, Ebola da Sud e il governo da tutte le parti: come un esperto borseggiatore, ha un numero indefinito di mani, tutte comunque dirette alle nostre tasche. Ho dimenticato qualche emergenza? Ma certo, la crisi, altrimenti nota, negli schedari dell’Interpol, come “globalizzazione”: essa potrebbe privarci del lavoro e quindi di ogni onesto guadagno. Non che questo farebbe differenza alcuna per il governo di cui sopra: esso continuerebbe nell’opera di spogliazione senza badare al fatto che da spogliare, in effetti, c’è rimasto poco o nulla.

Sono convinto che la generale depressione che attanaglia l’uomo moderno - ma moderno, dove? - sia da attribuirsi alla molteplicità delle minacce che lo circondano. Mi faccio la barba alla mattina - versione per signore: mi trucco, mi pettino - e davanti all’occhio vitreo balena un assortimento di preoccupazioni più ampio di quello dei babà di una pasticceria del centro di Napoli. Oltre alle già citate rogne, l’uomo (e la donna) in cerca di inquietudini possono scegliere anche tra i furti d’identità, il riscaldamento globale, il dissesto idrogeologico e la finale di X-Factor.

E pensare che c’è stato un tempo, uno solo, nel quale l’umanità fronteggiava una Sola Preoccupazione. La Sola Preoccupazione era la guerra termonucleare globale. La Sola Preoccupazione era sfaccettata - si temeva che la guerra nucleare potesse accadere perché i sovietici ci attaccavano o perché noi attaccavamo i sovietici o perché qualcuno dei nostri generali impazziva e faceva saltare per aria una bomba oppure perché qualcuno dei loro generali impazziva e faceva saltare per aria una bomba - ma coerente con se stessa: la paura di morire in un rogo atomico, bruciati dal fuoco e martoriati dalle radiazioni. Una paura apocalittica e ingenua insieme, fantascientifica e storica, grande e ridicola. Ma era una sola: non questo disgustoso roveto di paure con il quale, oggi, torturiamo noi stessi.

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