Il Signore degli appelli

Grazie alla diretta streaming (e soprattutto a qualche minuto in cui non sapevo che cosa fare di me stesso) ho potuto seguire il comizio con cui, sabato, Beppe Grillo ha lanciato il suo appello per il candidato del Movimento 5 Stelle a sindaco della città di Roma.

"Comizio" non è la parola giusta perché, forse senza neanche pensarci, davanti ai suoi militanti Grillo usa le armi retoriche degli uomini di spettacolo e si rivela capace di guidare il pubblico lungo un percorso solo apparentemente logico ma costruito in gran parte sulle suggestioni. In pochi minuti e seguendo un filo spesso imprevedibile e paradossale, Grillo ha detto la sua sul governo, sull’Europa, su Angelina Jolie e sul cancro alla prostata, la cui prevenzione, ha affermato, si esercita «trombando il più possibile».

Tutto si può dire di Grillo, compreso dubitare della sua coerenza mentale, ma un fatto gli va riconosciuto: non usa mai il linguaggio della politica. Laddove un politico avrebbe puntato a rassicurare e, nel contempo, ad accreditarsi valori e impegni, Grillo dilaga, esagera, irride e insulta seguendo un solo, esile filo conduttore: la grande cospirazione di «loro», gli «altri», nei confronti dei cittadini. Chi sono «gli altri»? I politici, innanzitutto, ma anche i giornalisti: responsabili entrambi sia di informazioni falsate sia di strategiche omissioni. Ma «loro» sono anche medici, avvocati, ingegneri, costruttori, industriali, sindacalisti, finanzieri, lobbisti assortiti: chiunque abbia interesse a mentire, a travisare i fatti, a conservare segreti, a far credere ciò che non è.

«Loro» contro «noi», in un dualismo che, come nel Signore degli Anelli, non ammette posizioni ambigue verso il Bene e il Male. Come si vede, l’essenza del qualunquismo, e lo dico senza la minima intenzione di offendere, ma solo per rimarcare come, al solito, esso veda giusto e lontano solo fino a quando dimentica - e sempre dimentica - che, a turno, «gli altri» siamo noi.

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