Un paio di giorni fa l'Adoc, Associazione difesa orientamento consumatori, ha diffuso una nota esprimendo, come d'abitudine quando si diffondono note, preoccupazione. Ragione dell'inquietudine il taglio dell'esenzione per 203 prestazioni sanitarie disseminate in vari settori: odontoiatria, laboratorio e genetica, radiologia, dermatologia e medicina nucleare. La preoccupazione da semplice diventa viva se si considera, come sottolinea l'Adoc, che già oggi i costi costringono circa il 7 per cento degli italiani a rinunciare alle visite di controllo. A contribuire a questa defaillance della civiltà anche le liste d'attesa troppo lunghe e, qualche volta, per cittadini indigenti, la distanza dall'ospedale.
Devo confessare che, appena qualche giorno fa, non avrei scelto questa notizia per un commento. L'argomento è, insieme, scivoloso e tecnico: troppo facile esprimere una generica indignazione per l'“ennesimo taglio” alla sanità, e proibitivo indagare in fretta sulle ragioni mediche, statistiche e amministrative che hanno portato a cancellare le esenzioni. È accaduto però che nelle scorse settimane io abbia avuto a che fare con sanità e ospedali, per una faccenda fortunatamente non drammatica, e di conseguenza la mia colpevole distrazione nei confronti di un tema così importante è stata scossa nel modo più efficace: per fatto personale. E dunque, pur senza poter scendere nel riscontro concreto di quanto dice l'Adoc, mi sembra giusto riportare la notizia. E ricordare per primo a me stesso quale straordinario crocevia di destini, sforzi, competenze, umanità, dolore e speranza sia un ospedale. È come se, nelle stanze di ricovero e negli ambulatori tutti quanti giungessimo alla sintesi di noi stessi: il velo di illusioni, procrastinazioni e chiacchiere è caduto. Resta la nostra fragilità e la strenua lotta per sopravviverle. Che senza l'aiuto delle strutture e, soprattutto, di chi ci lavora con dedizione, sarebbe ancora più fragile e ancora più strenua. Sarà bene ricordarlo: almeno questo “taglio” della coscienza, per favore, risparmiamocelo.
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