Il tombarolo

Il tombarolo

La legge, ve ne sarete accorti, non è cosa perfetta. E non solo perché non è aggiornata (non mi si dica infatti che nei programmi di Barbara D’Urso non c’è reato: il reato c’è eccome, solo che ancora non si è arrivati a definirlo in una sintesi che ne esprima tutta la carica nociva): la legge non è perfetta anche per la ragione che, perfino per i reati da tempo inquadrati, a volte non sa fino a che punto estenderli.

Capita così che un "tombarolo" palermitano di 72 anni venga arrestato, è notizia di due giorni fa, perché, nel garage della sua casa, i carabinieri trovano «vasi di ceramica, corredi funebri, lucerne, colonnette, pesi da telaio di produzione greca risalenti al V secolo a. C», oltre a una pistola calibro 38 di origine, si ritiene, un poco più recente.

Il signore è stato arrestato per aver rubato. Ma a chi? A tutti noi, si dirà. Ovvero al patrimonio artistico italiano, al suo scrigno culturale, al giacimento di storia sul quale, letteralmente, camminiamo ogni giorno.

Ma se così stanno le cose, il tombarolo, con i suoi reperti in garage, non è solo nel suo debito con la società, perché se lui è colpevole di essersi appropriato dei beni storici, noi lo siamo di averli trascurati. Tutti, ogni giorno, attentiamo almeno un poco alla cultura. Lo facciamo nel parlare, nel pensare, nel sorpassare a destra i congiuntivi; nel dire «attimino» e «aiutino», nell’ammirare l’«oggettino» di design e nel provarci l’«abitino» tanto «cool». Insomma, noi buttiamo la storia e il tombarolo la raccatta. La differenza è che noi rimarremo incensurati.

© RIPRODUZIONE RISERVATA