Avete mai ceduto alla tentazione di piazzare un commentino anonimo su Internet? È così facile: a volte non è neppure necessario registrarsi. In altri casi, basta inventarsi un nickname e il gioco è fatto. Alcuni la chiamano democrazia virtuale, altri sottolineano il potere di vigilanza e controllo esercitato dalla Rete e sottolineano che la possibilità di postare e contropostare senza vincolo alcuno è dopo tutto un’espressione di libertà. Qualcuno invece si è preso la briga di guardare un po’ più da vicino i “postatori” compulsivi del web - quelli che ne hanno una per tutti e non cercano la critica costruttiva quanto l’insulto e lo schizzo di vetriolo - e ha scoperto che non assomigliano affatto a campioni di democrazia.
I “troll”, così sono stati battezzati questi guastatori anonimi e globali, rispondono piuttosto a quattro “ceppi” psicologici ben noti: narcisisti, machiavellici, psicopatici e sadici.
Simpatico, no? Certo, la ricerca - condotta in Canada - si riferisce al “trollismo” estremo che, spesso, sconfina nella molestia quando non nella diffamazione e nella calunnia. Sarebbe però il caso di chiederci, ogni volta che ci scappa un commento un po’ vivace, quanto esso sia dipendente - e spinto - dall’anonimato che lo consegnerà al mittente, in ogni caso, un po’ a tradimento. Quanto c’è in noi del “troll” di cui sopra? Non sarà che, in alcuni casi, ci scappa un po’ di narcisismo? Oppure che quella certezza del complotto verso la quale sempre incliniamo abbia a che vedere con l’aggettivo attribuito al Machiavelli? Magari, nel sangue che ci sale alla testa per una notizia sgradita o una posizione antitetica alla nostra, davvero c’è il sintomo di una sottile dissociazione dalla realtà e, nell’impeto con cui copriamo l’interlocutore di contumelie, si troverà un cedimento al piacere proibito di infliggere dolore.
Critici e puntigliosi va bene, “troll” no: la democrazia non è una palestra per malati di mente. E non importa quello che dicono e fanno a Montecitorio.
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