Se siete lettori abituali di giornali e riviste dovreste in teoria esservene accorti da un pezzo, ma probabilmente non è così perché, in quanto lettori, vi concentrate sul contenuto di quanto leggete e non sul contesto in cui esso è inserito.
Mi spiego: se dedicate la vostra attenzione a un articolo, probabilmente leggerete il titolo, il testo almeno in parte, e se c'è una foto, guarderete la foto. In ogni caso, che la foto ci sia o meno, non avrete la sensazione che questo cambi qualcosa circa l'impressione che la lettura avrà avuto su di voi. Foto o no, penserete di aver ricevuto un'informazione, interessante o superflua a seconda del vostro gusto e del vostro giudizio.
Grazie a uno scrupoloso sondaggio condotto su un folto gruppo di lettori, oggi sappiamo che non è così: l'articolo sarà inconsciamente ritenuto più credibile, approfondito e accurato - in una parola, più “vero” - se ad accompagnarlo c'è una foto. Per assurdo, non importa quale: basta che ce ne sia una. Non conta se l'immagine si associa solo vagamente all'argomento dell'articolo: la sua presenza è sufficiente ad incrementare, diciamo così, il tasso di credibilità del testo. Il cervello, evidentemente, mantiene ancora qualche riserva rispetto alla parola scritta, ma cede di fronte all'immagine, anche se, a ben guardare, essa è generica e non fornisce alcun vero apporto informativo.
“A ben guardare”, ho scritto, è il problema è proprio questo: non guardiamo bene. D'istinto, attribuiamo alla foto un valore di testimonianza documentale, di oggettività che, in realtà, di per sé non ha, o ha solo in determinate circostanze. Questa vera e propria “illusione ottica” è forse all'origine del fatto che non c'è mai stata sulla Terra civiltà più mistificante e ingannevole di quella che chiamiamo, appunto, civiltà dell'immagine.
Mi spiego: se dedicate la vostra attenzione a un articolo, probabilmente leggerete il titolo, il testo almeno in parte, e se c'è una foto, guarderete la foto. In ogni caso, che la foto ci sia o meno, non avrete la sensazione che questo cambi qualcosa circa l'impressione che la lettura avrà avuto su di voi. Foto o no, penserete di aver ricevuto un'informazione, interessante o superflua a seconda del vostro gusto e del vostro giudizio.
Grazie a uno scrupoloso sondaggio condotto su un folto gruppo di lettori, oggi sappiamo che non è così: l'articolo sarà inconsciamente ritenuto più credibile, approfondito e accurato - in una parola, più “vero” - se ad accompagnarlo c'è una foto. Per assurdo, non importa quale: basta che ce ne sia una. Non conta se l'immagine si associa solo vagamente all'argomento dell'articolo: la sua presenza è sufficiente ad incrementare, diciamo così, il tasso di credibilità del testo. Il cervello, evidentemente, mantiene ancora qualche riserva rispetto alla parola scritta, ma cede di fronte all'immagine, anche se, a ben guardare, essa è generica e non fornisce alcun vero apporto informativo.
“A ben guardare”, ho scritto, è il problema è proprio questo: non guardiamo bene. D'istinto, attribuiamo alla foto un valore di testimonianza documentale, di oggettività che, in realtà, di per sé non ha, o ha solo in determinate circostanze. Questa vera e propria “illusione ottica” è forse all'origine del fatto che non c'è mai stata sulla Terra civiltà più mistificante e ingannevole di quella che chiamiamo, appunto, civiltà dell'immagine.
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