In fuga dai pirati

Le immagini, trasmesse in diretta dai notiziari televisivi, dell’inseguimento al pullman dei parlamentari grillini diretto verso una località segreta - che poi si è scoperto essere Tragliata (leggasi: Tragliata, non Reichenbachfall) - ha profondamente scosso la mia coscienza di giornalista.

In anni di carriera, ho avuto alti e bassi: incarichi impegnativi e altri meno, compiti di responsabilità e prestigio e altri di ordinaria amministrazione. Non ho difficoltà ad ammettere che, in qualche caso, ho svolto mansioni decisamente umili e perfino, a ripensarci, ridicole. In tutto ciò, non sono mai arrivato a compatirmi quanto ho compatito, l’altro ieri, i colleghi impegnati nel surreale tallonamento.

Il fatto è che le notizie hanno una logica tutta loro, legata al momento, all’istante addirittura, e tutti - i protagonisti del fatto, i cronisti, il pubblico - dimenticano di abbracciare con lo sguardo il contesto, ovvero il quadro generale di riferimento. Che, a voler sintetizzare, sarebbe questo: un gruppo di parlamentari, eletti dai cittadini allo scopo di promulgare leggi nell’interesse e sotto lo scrutinio di tutti, cercava di seminare, come se si trattasse di pirati della Tortuga, un gruppo di cronisti deputato, in teoria, alla divulgazione di informazioni di carattere collettivo. Scopo della missione, recarsi a un incontro nel quale decidere, di nascosto, la linea da tenersi in qualità di parlamentari e quindi nel nome di chi li ha eletti alla luce del sole e, in generale, di tutti gli italiani.

Non vado oltre, ma mi sembra evidente che ci fosse qualcosa di molto bizzarro. Nella politica, intendiamoci, il non detto ha sempre avuto una parte preponderante: gli accordi segreti, le intese al ristorante e le strette di mano in corridoio sono sempre stati all’ordine del giorno. L’antipolitica non li ha eliminati, li ha solo trasformati in farsa, togliendo quel pizzico di mistero che, alla combutta, conferiva forse un velo di dignità. Non so se ciò valga un ringraziamento.

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