In onda il taglio

Guardavo (e sentivo) Pierluigi Bersani in un programma de La7 e pensavo: «Ma che cosa diavolo sta dicendo?» Lo pensavo con un discreto stupore perché, nonostante le disavventure e gli insuccessi, considero l’ex segretario del Pd una persona intelligente ed equilibrata, il che, nel contesto del panorama politico, non è dire molto ma, insomma, è pur sempre qualcosa.

Nello specifico, Bersani rispondeva a domande circa l’annunciato sciopero della Rai, in programma il prossimo 11 giugno, e sui tagli imposti dal governo all’Ente radiotelevisivo che dello sciopero medesimo sarebbero causa. Egli criticava il premier Renzi non tanto per la scelta di tagliare - 150 milioni in tutto - quanto per aver affidato alla Rai stessa ogni responsabilità su quali specifiche voci di bilancio ridimensionare in modo da compensare il mancato conferimento. «La Rai» questo più o meno il pensiero di Bersani, «è dello Stato ed è diretta dal governo: il governo non può dunque disinteressarsi di come e dove essa spende i soldi. Se vuole che la Rai tagli, deve presentare un progetto che spieghi come deve farlo».

Interessante, ho pensato. Interessante ma, scusate il disturbo, sbagliato. Stai a vedere che in questo - e, chi lo sa?, magari solo in questo - sono con Renzi. Il governo ha per prima cosa il compito di decidere come ripartire le risorse del Paese e, al momento, chiedere alla Rai un sacrificio di 150 milioni non mi sembra irragionevole. Sono poi certo, anzi certissimo, che l’Ente tv disponga di una batteria di dirigenti in grado di prendere decisioni perché, guarda un po’, questo fanno i dirigenti. È vero che alla Rai (non solo alla Rai, ma in particolare alla Rai) i dirigenti si sono sempre trovati più a loro agio nelle operazioni di incasso dello stipendio che in quelle di taglio dei fondi ma, insomma, un piccolo sforzo e, tanto per provare l’ebbrezza, possono anche farcela. Magari avremmo un ente pubblico gestito come se fosse privato nell’interesse del pubblico. Scusate, mi sono lasciato trasportare, ma ci sono sogni, per quanto proibiti, ai quali non si rinuncia mai.

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