Ci sono poche cose rimaste da fare in questa economia strapazzata. Vista la complessità della crisi, le sue ramificazioni globali e il fatto, ripetuto ossessivamente, che i governi godono di autorità limitata, non è detto che per migliorare la situazione sia sufficiente prendere le decisioni giuste. Bisogna prenderle, applicarle, e sperare che tutto vada bene.
Qualcosa, però, è rimasto sotto il nostro controllo: una possibilità, una sola. Non di cambiare l'orizzonte in tempi brevi, ma di migliorarlo tra qualche anno. Parliamo di educazione e precisamente di educazione universitaria: l'investimento in intelligenza e conoscenze è l'unico a rendimento sicuro. Ebbene, come siamo messi in Italia sul mercato della materia grigia? Male. E ti pareva.
Lo dice una ricerca condotta da Universitas 21, un network di atenei a livello mondiale, che si è preso la briga di classificare i sistemi universitari nazionali in base a parametri come investimenti statali e privati, ricerca, collaborazioni con l'estero, politica sociale e ambientale. Detto che i primi cinque Paesi al mondo risultano essere, nell'ordine, Stati Uniti, Svezia, Canada, Finlandia e Danimarca, per arrivare all'Italia occorre scendere fino al trentesimo posto. Questa collocazione, in sé, non sarebbe infamante se non fosse per il fatto che risulta inferiore a quella di tutti gli altri Paesi europei con l'eccezione di Bulgaria, Romania, Slovacchia e Ungheria. Ci precedono Francia, Germania, Inghilterra, così come Spagna, Polonia, Irlanda, Ucraina e perfino, udite udite, la derelitta Grecia.
Tra le tante brutte notizie di questi tempi sgangherati è in un certo senso la più brutta. Stabilisce che il buio del tunnel è per qualcuno ancora più buio e annuncia che sta accadendo qualcosa di raggelante: il nostro futuro è già in ritardo.
Qualcosa, però, è rimasto sotto il nostro controllo: una possibilità, una sola. Non di cambiare l'orizzonte in tempi brevi, ma di migliorarlo tra qualche anno. Parliamo di educazione e precisamente di educazione universitaria: l'investimento in intelligenza e conoscenze è l'unico a rendimento sicuro. Ebbene, come siamo messi in Italia sul mercato della materia grigia? Male. E ti pareva.
Lo dice una ricerca condotta da Universitas 21, un network di atenei a livello mondiale, che si è preso la briga di classificare i sistemi universitari nazionali in base a parametri come investimenti statali e privati, ricerca, collaborazioni con l'estero, politica sociale e ambientale. Detto che i primi cinque Paesi al mondo risultano essere, nell'ordine, Stati Uniti, Svezia, Canada, Finlandia e Danimarca, per arrivare all'Italia occorre scendere fino al trentesimo posto. Questa collocazione, in sé, non sarebbe infamante se non fosse per il fatto che risulta inferiore a quella di tutti gli altri Paesi europei con l'eccezione di Bulgaria, Romania, Slovacchia e Ungheria. Ci precedono Francia, Germania, Inghilterra, così come Spagna, Polonia, Irlanda, Ucraina e perfino, udite udite, la derelitta Grecia.
Tra le tante brutte notizie di questi tempi sgangherati è in un certo senso la più brutta. Stabilisce che il buio del tunnel è per qualcuno ancora più buio e annuncia che sta accadendo qualcosa di raggelante: il nostro futuro è già in ritardo.
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