Dicono che l’era del Prt potrebbe essere finalmente incominciata. Prt è un acronimo che sta per "Personal rapid transit", ovvero "Transito rapido personale" e indica un sistema di trasporto terrestre destinato a soppiantare il trasporto pubblico (bus, tram, metropolitana) e soprattutto quello privato (automobile, motocicletta). Come? Integrando i due sistemi in uno solo.
Immaginate una città in cui le strade, invece di essere strisce di asfalto, sono monorotaie: su queste corrono incessantemente delle piccole cabine, della grandezza di quelle impiegate nelle ovovie. Il bello è che queste cabine svolgono una funzione più di taxi che di autobus. Il passeggero si reca a una stazione di raccolta, sale sulla prima cabina disponibile, imposta l’indirizzo desiderato in un computer, ed eccolo trasportato a destinazione.
In teoria, è la soluzione ideale: tutti i vantaggi del trasporto privato (flessibilità, niente orari prestabiliti, nessun affollamento) senza alcun svantaggio del medesimo (traffico, parcheggi, consumi, inquinamento). In pratica, il successo definitivo del Prt passa da un’operazione chirurgica molto dolorosa: l’estrazione dalla nostra psiche del concetto di possesso del mezzo di trasporto.
Una cabina che ci porta dove vogliamo quando vogliamo sarebbe l’ideale non fosse per il fatto che comporta viaggiare in un guscio spersonalizzato. L’automobile invece ci concede ancora la fantasticheria di una proprietà personale e irripetibile: ne parliamo infatti come se fosse un pezzo unico, costruito su misura, rimasto in fabbrica fino a quando il nostro richiamo le ha mosso qualcosa nelle budella d’acciaio ingiungendole di correre da noi.
Non è vero e lo sappiamo: le automobili sono fatte in serie. Ma così, oggi, sono anche le illusioni.
Immaginate una città in cui le strade, invece di essere strisce di asfalto, sono monorotaie: su queste corrono incessantemente delle piccole cabine, della grandezza di quelle impiegate nelle ovovie. Il bello è che queste cabine svolgono una funzione più di taxi che di autobus. Il passeggero si reca a una stazione di raccolta, sale sulla prima cabina disponibile, imposta l’indirizzo desiderato in un computer, ed eccolo trasportato a destinazione.
In teoria, è la soluzione ideale: tutti i vantaggi del trasporto privato (flessibilità, niente orari prestabiliti, nessun affollamento) senza alcun svantaggio del medesimo (traffico, parcheggi, consumi, inquinamento). In pratica, il successo definitivo del Prt passa da un’operazione chirurgica molto dolorosa: l’estrazione dalla nostra psiche del concetto di possesso del mezzo di trasporto.
Una cabina che ci porta dove vogliamo quando vogliamo sarebbe l’ideale non fosse per il fatto che comporta viaggiare in un guscio spersonalizzato. L’automobile invece ci concede ancora la fantasticheria di una proprietà personale e irripetibile: ne parliamo infatti come se fosse un pezzo unico, costruito su misura, rimasto in fabbrica fino a quando il nostro richiamo le ha mosso qualcosa nelle budella d’acciaio ingiungendole di correre da noi.
Non è vero e lo sappiamo: le automobili sono fatte in serie. Ma così, oggi, sono anche le illusioni.
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