Se ci si pensa, l'uomo è proprio un bel tipo. Non intendo uomo, qui, nel senso di "maschio": quello è un altro bel tipo ancora. Mi riferisco invece all'homo sapiens che, dovessi incontrarlo, faticherei a trattenermi dal dargli dello zuzzurellone.
Singolare, per esempio, è la sua mania di nominare le cose. Neppure possiamo concepire l'idea che qualcosa possa sfuggire alla sua catalogazione lessicale, se così si può dire. Comprendo, naturalmente, la necessità di nominare le cose di uso comune: è comodo ed efficace poter dire "passami il sale" invece di "cosami il coso" (anche se questa scelta potrebbe portare a interessanti a sviluppi). Ma l'uomo non si ferma alla frontiera della necessità, e prosegue imperterrito nell'assurdo o quantomeno nell'improbabile.
Prendiamo Plutone. Come sappiamo, appena pochi giorni fa la sonda spaziale New Horizon ha sfiorato il lontanissimo pianeta nano trasmettendo sulla Terra una serie di fotografie della sua superficie. Ebbene, proprio in queste ore gli astronomi sono impegnati a dare un nome a tutto quello che scorgono sulla remota crosta plutonestre: avvallamenti, montagne, pianure, macchie, crateri, depositi dell'opera omnia di Moccia. Molti dei nomi proposti derivano da scienziati e ricercatori - c'è una "Regione di Tombaugh" così chiamata in onore dello scopritore del pianeta -, tanto che due crateri resteranno per sempre assegnati ad altrettanti astronomi italiani: Paolo Farinella e Angioletta Coradini. Altre scelte sono un pochino più bizzarre: i nomi discendono infatti da autori di fantascienza come H. P. Lovecraft ("Cthulhu") o di fantasy come Tolkien ("Balrog") ma anche a personaggi di Star Trek o Star Wars. È noto d'altra parte che molti scienziati sono un po' "nerd" e amano frequentare, oltre ai rigorosi territori della ricerca, quelli selvaggi e visionari della fantascienza. Poco male: se non fosse così, e se i loro interessi cadessero per esempio sullo sport, Plutone sarebbe oggi indelebilmente marchiato da una Val Cannavaro e da un Picco Beppe Baresi.
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