«Sei sicuro?» YouTube sceglie un approccio soft nei confronti si chi si appresta a pubblicare un commento “potenzialmente offensivo” e invita l’utente a ripensarci. Non la censura, dunque, ma la persuasione: non ti sembra di esagerare? ti pare bello quello che hai scritto? Non si arriva al «chiedi scusa» che imponevano i genitori ai figli colpevoli di dispetto aggravato, anche perché è una pratica non più in voga: i genitori passano direttamente alla denuncia in carta bollata, altro che scuse.
Come fermare l’ondata d’odio che quotidianamente di abbatte sui social senza ricorrere a limitazioni serie della libertà di espressione (o come si preferisce chiamare quel genere di libertà inventata dai social medesimi a giustificazione della loro esistenza) rimane un problema aperto, anzi apertissimo: la strada percorsa da YouTube pare interessante e soprattutto civile e, per questo, dolcemente perdente.
Sbaglierò, ma la razionalità - alla quale fa appello il “filtro” di YouTube - è un preciso atteggiamento mentale, quasi un esercizio di equilibrismo, nel corso del quale decidiamo di ignorare i colpi di vento inflitti dalle emozioni per inseguire un filo sospeso, preciso ma sottile, che si scopre ai nostri sensi passo dopo passo e che non di rado tocca ripensare, mettere in discussione, analizzare daccapo. Il commentatore “potenzialmente offensivo” viaggia anche lui in equilibrio, ma di un cavallone, o addirittura di un tornado: tanto più avverte come necessaria la pubblicazione della sua invettiva quanto più gli è stata dettata dall’istinto, dalla rabbia, dall’indignazione. Per lui, un moto d’animo così potente, e in apparenza genuino, deve per forza essere “giusto”, sacrosanto, in qualche modo doveroso.
Richiamare il commentatore sdegnato alla ragione probabilmente suonerà allora, dal suo punto di vista, come un insulto, uno sgambetto, una sordida manipolazione intesa a impedire un atto di giustizia tanto più essenziale e vero in quanto ruvido, istintivo, passionale. Chissà, magari sbaglio e i tanti “leoni da tastiera” in circolazione virtuale di questi tempi arretreranno davanti al bonario ammonimento di YouTube, ammansiti come gattini, o meglio come quel grandioso felino il quale, invece di sbranare lo schiavo Androclo, gli si prostrò ai piedi in segno di gratitudine per averlo liberato dalla spina conficcata in una zampa.
Sarebbe bello se un richiamo alla ragione riportasse alla... ragione, se l’appello ad “abbassare i toni” agisse con l’efficacia di un incantesimo e non suonasse invece come un clichè. Purtroppo, il furore che porta all’offesa non è suscettibile agli incantesimi. Spesso, dietro di sé, ha il sostegno dell’ignoranza, che lo provoca e lo pungola. Ma quella sì che la ragione può curare: piano piano, un po’ alla volta. E per sempre.
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