In un video pubblicato sul sito bigthink.com, il filosofo sloveno Slavoj Zizek (il cognome ospita un paio di accenti sulle zeta, ma sono troppo pigro per cercarli nella tastiera e poi, una volta, premendo control+comand+Canc+esc+6 mi sono slogato un polso), Zizek, dicevo, potrebbe aver finalmente messo al parola fine sul linguaggio politicamente corretto.
Diciamo subito che il nostro - tipo al quale piace rompere gli schemi, a cominciare dalla faccia con cui si presenta che ha poco del filosofo e molto dell’amante di Lady Slivovitz - non ama molto il suddetto linguaggio. Peggio ancora, lo considera altamente lesivo. Egli sostiene che il linguaggio, diciamo così, edulcorato, preventivamente ripulito da ogni espressione anche solo potenzialmente offensiva, non ottiene l’effetto voluto. Tutto il contrario: alla brutalità della parola sostituisce un minuetto forzato nel quale, in realtà, i rapporti di potere e i pregiudizi vengono preservati e, anzi, irrobustiti. Per esempio: se il capoufficio esercita la sua autorità tramite espressioni impeccabili dal punto di vista formale, per il sottoposto sarà difficile rompere la barriera sociale e rispondergli per le rime. Allo stesso modo, se persone di razza diversa sono impedite, da un linguaggio pre-scritto, dall’esprimersi reciprocamente la propria diffidenza, otterremo rapporti in apparenza privi di razzismo ma in realtà gonfi sottopelle di pregiudizio. Meglio dirsele in faccia le cose, sostiene Zizek, portando alcune esperienze personali: ogni barriera crollerà ed è possibile parlarsi da uomo a uomo.
L’argomentazione di Zizek è interessante ma non posso dire di essere completamente d’accordo con lui. L’approccio al razzismo che suggerisce potrebbe funzionare nei rapporti tra persona e persona: esso ristagna invece a livello di gruppi, che non hanno nessun interesse a risolverlo tanto facilmente. Mi piacerebbe molto, comunque, discuterne con il buon Slavoj. Per prima cosa, ovviamente, lo manderei a quel paese. Sono certo che gli farebbe piacere.
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