Quando il fisico e matematico di fama internazionale Stephen Hawking dice qualcosa sarà sempre scelta intelligente ascoltarlo. Prima di tutto perché dirlo gli costa fatica – è condannato all’immobilità da una malattia del motoneurone – e poi perché, indagando con l’intelletto sull’origine dell’universo, egli è avvezzo a ragionamenti piuttosto sopraffini. Se dunque Hawking indirizza una lettera al resto dell’umanità la quale, al contrario di lui, piuttosto che lavorare sull’origine dell’universo si industria per condurlo a prematura fine, la cosa non va presa sottogamba. Il tono della missiva, oltretutto, è allarmante: Hawking, insieme a Elon Musk, imprenditore informatico e spaziale, e ad altre personalità del mondo della ricerca, denuncia i pericoli legati alle tecnologie di Intelligenza Artificiale.
Va detto che, qui, per Intelligenza Artificiale non si allude agli sforzi di apparire svegli in tv esercitati da Gasparri piuttosto che dalla Moretti: si tratta invece di robotica al massimo livello che, sostengono Hawking e soci, presto potrebbe essere applicata in campo militare. Lo scenario sarebbe raggelante anche se fosse solo il canovaccio per un racconto di Philip K. Dick: eserciti di automi programmati per sterminare bersagli predefiniti. Soldati d’acciaio e silicio che massacrerebbero umani in base a input informatici, robot incapaci di provare pietà, insensibili al dolore e alla paura.
C’è però chi non è d’accordo. Il fisico teorico Lawrence Krauss sostiene che i vantaggi derivanti dall’Intelligenza Artificiale superano di gran lunga, almeno per ora, gli svantaggi. Si apre ancora una volta il dilemma umano davanti al futuro: territorio di speranza o frontiera di terrore? Personalmente, non credo sia giusto fermare la scienza, quasi in nessun caso. Per quanto spaventevole sia il quadro dipinto da Hawking vorrei proprio sapere come questa faccenda dell’Intelligenza Artificiale andrà a finire. Dirò di più: quasi quasi non mi dispiacerebbe venir ucciso da un robot intelligente piuttosto che da un umano cretino.
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