Io non l'ho interrotta

Io non l'ho interrotta

Lo aspetto come fa un vecchio amico con un altro: conscio che, anche se l’appuntamento è vago, non tarderà ad arrivare. Così accade, per me, durante i dibattiti in tv. Uno degli interlocutori si accalora; poi anche l’altro. Le voci salgono di tono, il gesticolare si fa rapido, eccitato. Ed ecco che, finalmente, qualcuno sgancia: «Io non l’ho interrotta!» È questo l’amico che aspettavo con trepidazione, certo che non mi avrebbe tradito. Lo si incontra sempre, in particolare nei dibattiti politici e, quando compare all’orizzonte, lo saluto con calore.
Mi fa ridere, l’«io non l’ho interrotta», per la sua aria antiquata, un poco patetica. È una rivendicazione di garbo del tutto assurda, fuori posto, risibile: come se al pasto in un porcile ci si scandalizzasse perché un convitato non è in grado di usare correttamente le posate da pesce. Il fatto è che mentre ogni altra regola di cortesia viene regolarmente disattesa, quando non esplicitamente calpestata, questa viene di continuo richiamata, imposta. Non voglio farmi passare per un esperto di galateo, ma credo di poter azzardare che prima ancora di esigere il rispetto delle nostre opinioni, le buone maniere impongano di ascoltare quelle altrui, di rispettarle ed eventualmente di riconoscerne la bontà, anche parziale. Eppure questo non accade mai, neppure per sbaglio o in un momento di umana debolezza. E tuttavia, nel ringhiare i nostri slogan, pretenderemmo fregiarci di una superiore condotta formale: «Io non l’ho interrotta! L’ammazzerei, questo sì, ma non l’ho interrotta».

© RIPRODUZIONE RISERVATA