La bacchetta esclamativa

A Donald Trump piacciono i punti esclamativi. E chi l’avrebbe detto? Lo immaginavamo nei prati ad annusare violette o a correre appresso ai leprotti (con grande perplessità di questi ultimi) e invece no: la passione di “The Donald” sono i punti esclamativi.

Non è una fantasia. L’inclinazione del candidato repubblicano alle presidenziali Usa è dimostrata dall’analisi dei suoi “tweet”, il mezzo prediletto con cui lancia slogan, esalta i sostenitori e, soprattutto, attacca gli avversari. “The Intersect”, rubrica di fatti online tenuta dal Washington Post, ha esaminato per cinque giorni di fila i testi lanciati in Rete dal profilo @realDonaldTrump scoprendo che Trump ama la punteggiatura in generale e il punto esclamativo in particolare. Il suo ricorso ai punti esclamativi supera di oltre tre volte quello dell’utente Twitter medio.

L’unico segno di interpunzione che Trump sembra disprezzare, tanto da lasciarlo praticamente inutilizzato, è il punto e virgola. Lo si comprende, del resto: trattasi di un segno ambiguo, quasi di compromesso, con quella virgola che sfregia la fermezza del punto e che, a guardarla da vicino, ricorda un mezzo baffo alla messicana.

L’importanza dell’analisi condotta da “The Intersect” sta però per nell’aver rivelato, grazie al conteggio dei punti esclamativi, lo stato di perenne eccitazione che Trump (e il suo staff, ovviamente) intendono trasmettere attraverso Twitter. Ancora più importanza ha l’analisi della struttura dei “tweet”: incominciano di solito con un’affermazione, polemica ma non particolarmente enfatica, cui segue una seconda frase che ribadisce il concetto, ancora senza enfasi; infine, bam!, il giudizio inappellabile, sostenuto dal punto esclamativo. Come un pugno sul tavolo, una parolaccia, un gestaccio. Proprio come fa l’uomo della strada che non ne può più, il benpensante del “ma dove andremo a finire?”, la signora turbata dall’indecenza del mondo. Tutta gente che adesso risponde docile alla bacchetta esclamativa del Donald.

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