La buona notizia

Oggi, un piccolo esame. Non di giornalismo, come potrebbe sembrare, ma di sensibilità sociale. Prima di tutto, il candidato legga la notizia che segue:

«“Nessuno dorme più in tenda, le aree attendate sono state chiuse”. Così il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio rispondendo alle domande dei giornalisti a margine di un incontro ad Ancona. “Al momento - ha aggiunto Curcio - non abbiamo il quadro nel dettaglio del fabbisogno, ma arriveremo a 800-900 casette temporanee».

Ora, sulla base dei dati forniti nel testo (della cui accuratezza non c’è da diffidare, trattandosi di agenzia Ansa), il candidato stabilisca se la notizia è buona oppure no. Andrebbe aggiunto, per semplificare lo svolgimento del compito, che le “aree attendate” cui fa riferimento Curcio sono quelle allestite dopo il terremoto dello scorso agosto: nel paese delle emergenze, una precisazione non del tutto superflua.

Passiamo ad affrontare il problema vero e proprio. Per prima cosa, non possiamo dubitare che nelle intenzioni di Curcio la notizia sia buona: arriva l’inverno e, stando a quanto assicura il capo della Protezione civile, nessuno tra coloro che hanno perduto la casa, sarà costretto ad affrontarlo al riparo di una fragile tenda. Questo vuol dire che la fase dell’emergenza più acuta, quella della corsa contro il tempo, del riparo messo in piedi per tamponare il dramma, per fermare lo sgomento più forte e il disagio più doloroso, è finita. Vuol dire anche che incomincia una seconda fase, quella - in teoria - della transizione verso la normalità.

Non è fare del qualunquismo dire che è proprio questa la fase in cui, da sempre, ci siamo dimostrati più deboli. Così, mentre tutti alziamo lo sguardo dalle tende vuote, le genti dei Paesi colpiti scopriranno alla lunga che questa “buona notizia” durata un minuto diventerà la fotografia permanente della loro condizione. E forse non sarà sempre così buona come è stata all’inizio.

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