La chiave

La chiave

Certe cose mi fanno pensare ad altre cose. Fornisco subito un esempio, prima che vi facciate di me un’opinione perfino peggiore di quella che merito. Ecco: leggere che un italiano su due non va in vacanza non mi ha fatto pensare, come avrebbe dovuto, alla crisi, alla povertà, ai salari scarsi e ai risparmi evaporati: mi ha fatto pensare alla chiave.

Non a una chiave qualunque, beninteso, ma alla chiave che, un tempo, alberghi e pensioni presentavano al cliente appena arrivato a destinazione, quella che consentiva l’accesso alla camera, a patto di riuscire a trascinarla per qualche piano di scale.

La chiave, ricorderete, si accompagnava sempre a una targhetta metallica con inciso il numero della stanza e, soprattutto, a una sorta di mostruoso contrappeso, quasi sempre a forma di pera, del peso di mezzo chilo o anche più.

Rispondeva, il peso, a una logica di sospetto e sfiducia: pesando la chiave un quintale, pensava l’albergatore, il cliente non vorrà portarsela appresso nelle sue uscite e la riconsegnerà alla reception, annullando i rischi di smarrimento, furto, commercio abusivo di chiavi usate.

Oggi la chiave è soppiantata dalla tessera magnetica: non per aumentata fiducia nei confronti degli ospiti ma solo perché, anche qualora venga sottratta dal malfidato cliente, basta annullarla al computer e non aprirà più una mazza.

La chiave da una quintalata è solo uno dei dettagli delle vacanze di un tempo cancellati dal progresso o dalle nuove abitudini. Si potrebbe ricordare anche la bottiglia di minerale col numero della stanza segnato sull’etichetta e la chiamata al telefono comune durante l’ora di cena. In questo, c’è una piccola consolazione per gli italiani che quest’anno non potranno permettersi la classica vacanza. Ci fossero andati, comunque non l’avrebbero ritrovata.

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