Sono lieto di annunciare che anche quest'anno parteciperò alle corse dei tori. Sì, avete capito bene: scenderò anch'io in strada insieme a centinaia, migliaia di altri temerari per poi mulinare le gambe come un pazzo nel tentativo di non venire incornato.
Naturalmente, non mi sogno neanche di recarmi a Pamplona, in Spagna, dove in questi giorni impazza il festival di San Fermín. Non ce n'è alcun bisogno: come chiunque può facilmente osservare, anche da noi le strade sono piene di corna e per logica conseguenza, di cornuti. Per esempio, al mattino presto si può benissimo uscire dal portone e scaldare i muscoli con una corsetta in modo da evitare di essere raggiunti dalle ferali notizie sulle Borse che precipitano, gli spread che si allargano e i default che si profilano. Una sobria colazione, e di nuovo sotto con lo jogging: appena dietro di noi si sente l'ansimare di altre creature arrembanti. I talk show del mattino, per esempio, nei quali scalpita il Gallardo dell'opinione marinata, il Miura dell'approssimazione e il toro de Lidia delle boiate doc. Tra una corsa e l'altra si arriva a mezzogiorno: giusto il tempo della pausa pranzo e si ricomincia a sgambettare per eludere con gusto gli aggiornamenti dei siti web che hanno appena rilanciato la notizia della conquista jihadista di Velletri e la quarantena per scabbia della provincia di Cuneo. Occhio a misurare le energie, però, perché è la sera che fanno uscire i tori più possenti: i Mentana e le Gruber, i Floris e i Formigli. Chi avesse ancora forza nelle gambe può addirittura spingersi ai margini della notte: il dibattito su Raitre, la rassegna stampa di Sky, l'editoriale di Luttwak sulla necessità di salvare il mondo bombardando tutte le città fatta eccezione per Pittsburgh.
Ammetterete che, rispetto a Pamplona, la giornata qui descritta è piuttosto impegnativa. C'è poco da scegliere, però: per vivere in pace e saggezza occorre muoversi un passo avanti a certe corna e a certi cornuti. L'alternativa è chiudersi in casa. No, grazie: preferisco ancora uscire.
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