La cura del grasso

La cura del grasso

Leggo che, in Inghilterra, il ministero per la Salute suggerisce ai medici di piantarla di definire «obesi» i pazienti in evidente sovrappeso. «È preferibile dir loro in faccia che sono grassi». Il ministero spera di «responsabilizzare» i pazienti sostenendo che l’uso di un termine offensivo come «grasso» potrebbe agire da pungolo, laddove la definizione «obeso», dal suono più tecnico, indurrebbe al contrario a una presa di distanza dall’impegno personale. L’obesità sarebbe infatti percepita come una condizione medica - e come tale estranea a ogni responsabilità individuale - mentre sentirsi chiamare «grassi» indurrebbe un senso di colpa, rievocando tutte le patatine fritte e i cioccolatini ingurgitati in un’infinita serie di cedimenti della volontà. Da qui, il valore terapeutico della parola «grasso»: provocando, induce una reazione e, in ultima analisi, conduce alla dieta.
L’idea del ministero non è cognitivamente limitata (pardon, stupida). Sarà bene, però, che rimanga nei confini, sia pure dilatati, delle problematiche adipose. Si tratta, infatti, del primo, clamoroso rovesciamento di una tendenza in atto da anni: quella che impone di addomesticare il linguaggio in omaggio al "politicamente corretto". In questo caso potrebbe essere funzionale, ma non vorremmo si esagerasse. Tra qualche anno, dall’oculista: «Entri pure, vecchio talpone. Sempre immerso nella nebbia?» «Abbastanza, dottore, abbastanza. Ma non tanto da non vedere appeso al muro quel pezzo di carta igienica che lei chiama laurea».

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