La distanza

La distanza

Ora che il Natale è vicino e il tepore della festa più intima, familiare e - perché no? - ottimista nell'anno si diffonde nelle nostre case, gradirete senz'altro venire informati che è in corso un'insorgenza della tubercolosi.

Non qui, intendiamoci: in Africa. Per chi non avesse già voltato pagina, va aggiunto che l'aumento dei casi di tubercolosi è legato a una recrudescenza del virus Hiv. Questo significa che molti, moltissimi esseri umani sono spacciati. Non per mancanza di cure, attenzione. Cure ce ne sono. Le statistiche dicono che, in Occidente (nella fattispecie in Gran Bretagna) una persona affetta da Hiv ha oggi un'aspettativa di vita superiore a quella di un diabetico: basta che segua con rigore e costanza una specifica terapia.

Il problema è proprio questo: in Inghilterra, come in Italia, il paziente con Hiv è in grado di seguire una terapia: se la può permettere o c'è un servizio sanitario che gliela passa, nella sua città esiste senz'altro un ospedale e l'ambulatorio medico è raggiungibile a piedi, in macchina o con i mezzi pubblici. In Africa, la medicina (forse) c'è, ma è difficile se non impossibile da raggiungere: i mezzi economici mancano, la strada è lunga e pericolosa, le forze sono poche. E così, mentre per noi in Occidente la cura di certe malattie è ancora in fase di ricerca, ed è pertanto lontana quanto lontano è il futuro, in Africa la cura è lontana quanto lontana è una città in fondo a una strada buia. Chi scommette su quale distanza sia la maggiore?

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