La prima fase dei campionati mondiali di calcio – quella a gironi – è finita: da oggi si comincia con gli ottavi, in una spirale fatta di duelli secchi che, nel volgere di due settimane, ci porterà alla finalissima. Due settimane la prima fase, due anche la seconda. Eppure è soltanto nella prima che, a causa della perfino grottesca abbondanza di partite, i mondiali si vivono come una vera e propria festa. La seconda fase, con i suoi tempi più lunghi e la accentuata drammaticità, è una specie di regolamento dei conti: tutti, in fondo, hanno le valigie già pronte, si tratta soltanto di vedere chi sarà l’ultimo a presentarsi in aeroporto.
Forse l’avrete capito, ma delle due fasi è la prima che mi piace di più. E’ ben vero che solo dagli ottavi in avanti si scrivono le pagine epiche della Coppa del mondo: tanto per citare le nostre, ricorderemo le semifinali (e la finale) vinte con la Germania, l’incredibile filottone di Spagna ’82, la battaglia di Berlino finita con Zidane che, letteralmente, dà fuori di testa. Tuttavia, e senza dover ricordare che anche i gironi sono in grado di produrre partite straordinarie, soltanto nella prima c’è questa atmosfera di casualità, e perfino di improbabilità, che rende la competizione davvero divertente. E’ il momento delle partite assurde e squilibrate (oggi, purtroppo, ce ne sono meno di un tempo), degli incroci geografici surreali, della scoperta di calciatori spuntati dalle pieghe dei continenti (anche questo, visto il diffuso professionismo e l’alto tasso migratorio dei calciatori, è un piacere sempre meno frequente), delle giocate ardimentose e degli atteggiamenti tattici creativi. C’è tempo per il gossip, per il commento sociale, per la battuta e perfino per un poco di satira.
Da oggi, con gli ottavi di finale, si incomincia a fare sul serio. E non importa con quanta enfasi lo si annunci: fare sul serio è sempre il peggio che la gente sappia fare.
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