Lavorare, tra le altre cose, è anche recitare. Tutti, nella vita, abbiamo un ruolo: sul posto di lavoro anche di più. A seconda del settore in cui siamo inseriti, abbiamo a che fare con capufficio, capireparto, clienti, fornitori e burocrati di diversa provenienza. Tutta questa gente si aspetta da noi risposte e reazioni connaturate al nostro ruolo: l’impiegato e l’operaio attenderanno alle mansioni stabilite, il negoziante sorriderà alla signora che desidera provare venti paia di scarpe, l’imprenditore dovrà dar retta all’ispettore che gli spiega come adeguare la sua attività alle leggi in vigore. Dal manager al precario, tutti, sul lavoro, recitiamo una parte: nessuno, però, quanto un dipendente di Harry Potter.
Sembrerà strano che il maghetto di J. K. Rowling sia un datore di lavoro, ma in effetti lo è, e anche in misura considerevole. Parchi a tema sul “Mondo di Harry Potter” hanno aperto in varie parti del mondo e questi enormi impianti di divertimento non funzionano da soli. A mandarli avanti, giorno dopo giorno, decine di impiegati, arruolati per coprire i compiti più diversi. E costretti - come rivela un servizio giornalistico - a rispettare regole ferree.
Basterà dire che per le otto ore di lavoro quotidiano previste dal contratto, un dipendente di Harry Potter dovrà immergersi totalmente nel ruolo a lui assegnato - compresa la fiera appartenenza a una delle “Case” di Hogwarts, l’immaginaria scuola per maghi -, e saper rispondere con precisione alle domande sulle fortunate storie per ragazzi che potranno venir rivolte loro dai visitatori.
Tutte le traversie affrontate dai lavoratori a partire, diciamo, dalla Rivoluzione industriale, tutte le lotte e le rivendicazioni, si confrontano oggi con questa bizzarra ultima spiaggia: recitare in una fiaba per tirare avanti nella realtà. Amara ironia, ma in fondo lo sapevamo: Geppetto era iscritto all’albo degli artigiani e Mangiafuoco, di nascosto, versava i contributi all’Enpals.
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