La fonte inattesa

Impegnati come siamo nella Terza guerra mondiale - negli studi televisivi, almeno quelli di certi talk show, è stata ufficialmente dichiarata ma, strano a dirsi, nessuno dei partecipanti ha ancora mosso un passo in direzione del fronte - abbiamo forse perso di vista una delle questioni più importanti sottolineate dagli attacchi di Parigi: la libertà di espressione.

Di essa sono nemici tanto i kalashnikov quanto le censure e i pregiudizi. Tra le tante accuse che si possono muovere a chi crea e fa circolare qualcosa, oltre alla blasfemia e all’oscenità, c’è il sospetto che la cosa in questione «faccia male». Uno sospetto che spesso accompagna, per esempio, i videogiochi. Essi sarebbero «violenti e volgari», quasi sempre «diseducativi» e colpevoli di ridurre in pappetta il cervello degli adolescenti. Le madri si struggono quando vedono i virgulti snobbare i libri di scuola per precipitarsi alla consolle e non mancano mai, con le amiche, di sottolineare quanti sforzi facciano per salvare i loro ragazzi dalla malefica influenza della realtà virtuale. Allo stesso modo, i padri insistono sullo sport, sulle buone letture e su tutto quanto, tradizionalmente, «fa bene».

Non farà loro piacere scoprire che, contrariamente alle loro più profonde convinzioni, i videogames non distruggono affatto il tessuto morale dei ragazzi ma, anzi, tendono a rafforzarlo. Questo vale in particolare per i videogiochi più violenti, quelli che consegnano al giocatore o, meglio, al suo alter ego elettronico, un’arma da fuoco potentissima e lo invitano a sparare contro bersagli umani più o meno legittimi. Le reazioni psicologiche rilevate in giocatori che hanno accettato di sottoporsi a una serie di test sono illuminanti: sparare ad alzo zero - nei videogiochi, beninteso - innesca meccanismo di colpa e riflessione che aumentano la sensibilità morale anziché abbatterla, evocano sentimenti di giustizia, anziché intaccarli. Questo non per far pubblicità ai videogiochi ma per dire che, in fondo, davvero dovremmo aprirci a ogni forma di espressione umana, senza mai pre-giudicarla. La libertà, come la tolleranza, «fa bene», anche quando sgorga da una fonte inattesa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA