L'ultima notizia del genere sul quale sto per intrattenervi arriva da Trieste: “Anziana raggirata, rubati 100 mila euro”. Secondo quanto scrive il corrispondente giuliano dell'Ansa la donna “ha fatto entrare in casa una donna di circa 40 anni che si è presentata come addetta di una banca e si è lasciata convincere a mostrare denaro e gioielli che aveva in casa, per un valore di 100 mila euro”. L'epilogo è tristemente scontato: “Con una scusa, la donna è riuscita a impossessarsi dei beni e a fuggire”.
Storie come questa indignano. Non possono che indignare. Prendersela con i più deboli è infamante perfino per un volgare ladro. Un furfante che si rispetti non ricorrerebbe mai a simili mezzucci. Eppure la truffa ai danni degli anziani è uno dei reati più comuni. Al punto che - e non lo dico solo per scherzo o per amore del paradosso - gli anziani dovrebbero organizzarsi e restituire il favore.
Pensateci: se c'è una categoria adatta a perpetrare una truffa è proprio quella della terza età. Chi si sognerebbe di negare un favore a una canuta vecchietta che dovesse bussare alla porta o a uno smarrito novantenne che si presentasse al nostro uscio chiedendo un bicchier d'acqua, una sosta al gabinetto e un poco di Vinavil per sistemare, provvisoriamente, la sgusciante dentiera? Ripeto: scherzo, ma fino a un certo punto. Perché dietro all'ironia di gusto scadente, c'è una questione seria: è l'ora che gli anziani raccolgano le forze per esigere da questa società maggiore rispetto e considerazione. Dovranno farlo da sé, perché se aspettano che lo facciamo noi - relativamente - giovani, stanno freschi.
Li invito dunque all'azione, li istigo apertamente al reato. Ovvero a entrare con l'inganno nelle abitazioni di manager, trafficoni, palloni gonfiati di ogni ordine e grado per alleggerirli, con una scusa, di smartphone e tablet. Non saprebbero poi che cosa farsene, ma vuoi mettere la soddisfazione?
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