Non so se siete pronti a ricevere una notizia di portata esplosiva. Tant’è, in quanto adulti e vaccinati è giusto che sappiate la verità: l’ipnosi sta tornando di moda.
Difficile che possiate condividere il mio entusiasmo per questo particolare revival. Io, per vostra informazione, da sempre sono attratto dal fascino - ipnotico, appunto - di questa pratica e vederla tornare dalle ombre in cui era stata relegata non può che farmi piacere. La reputazione dell’ipnosi storicamente oscilla tra esercizio scientifico e fenomeno da baraccone. A complicare le cose - e a peggiorarle - il fatto che in Italia, negli anni ’80 e ’90 , l’ipnosi venne sfruttata sul palcoscenico televisivo da tale Giucas Casella.
Limitato da una figura non precisamente prestante, Casella compensava infondendo grande energia nelle sue performance: si aggirava per gli studi televisivi urlando «Guardami! Guardami!» e «Solo quando lo dirò io!». Un po’ come, oggi, fa Renato Brunetta.
Lontani dall’influenza di Giucas - e anche di Brunetta - alcuni neuroscienziati britannici hanno voluto studiare l’ipnosi con un approccio serissimo: mettendosi cioè il camice bianco e accedendo uno di quegli apparecchi che, collegato agli elettrodi applicati sul cranio della cavia umana, fa “bip bip” e proietta sullo schermo immagini colorate.
Come risultato hanno ottenuto per prima cosa di definire che cosa non è l’ipnosi: non è uno stato del sonno. Appartiene invece alla veglia, anche se non è ancora ben chiaro a quale livello di veglia. Di certo non è una buffonata, un trucco da avanspettacolo, un’attrazione da giostra. L’osservazione delle reazioni cerebrali dimostra che gli stati, le “suggestioni” se volete, indotte dall’ipnosi sono reali. O meglio, sono percepite esattamente come fossero reali. Gli scienziati sperano che tutto ciò possa offrire grandi possibilità terapeutiche. Noi speriamo invece che, prima o poi, un Giucas di passaggio schiocchi le dita e ci dica che quanto abbiamo vissuto era dovuto all’ipnosi. Se si facesse vivo prima delle elezioni, sarebbe ancora meglio.
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