La grande Vanessa

C’è del subbuglio in America e nel caso non ve ne foste accorti il vostro umile servitore è qui per informarvi. C’è del subbuglio perché, come hanno sottolineato molti media, c’è voluto un uomo bianco, ricco e famoso per riscattare i diritti di una categoria negletta e maltrattata. Negli Stati Uniti che molto hanno fatto per difendere le minoranze, per tutelare i disabili e per combattere il razzismo, c’è tuttavia una fetta di popolazione che, in silenzio, soffre per i peggiori pregiudizi, langue nell’indifferenza e si vede sistematicamente negare ogni diritto alla felicità. Questa categoria è quella delle donne grasse.

Nessuna di loro era riuscita a parlare in propria difesa come ha fatto, nei giorni scorsi, un famoso comico, Louis CK, credo sconosciuto in Italia, ma degno, per acutezza e sensibilità, di essere messo nella stessa categoria di Woody Allen. Al quale, sia detto per inciso, non assomiglia per nulla: non fisicamente, non nel tipo di comicità. Lo humour intellettuale di Allen proprio non è cosa sua: Louis CK è esplicito fino alla sgradevolezza, sfrontato e perfino un po’ disgustoso. Come Allen, dispone però della capacità di guardare al fondo delle cose.

Nell’ultimo episodio della sua serie tv “Louie”, egli ha creato le condizioni perché una ragazza grassottella - Vanessa, l’attrice Sarah Baker - uscisse per una serata con il personaggio da lui stesso interpretato. Vanessa, giovane simpatica e schietta, non si vergogna di far riferimento a sé come “grassa” («fat girl») per sentirsi bonariamente tranquillizzare («ma tu non sei grassa»). Un tipico distillato di ipocrisia, l’ennesima dimostrazione di parole non confortate da un comportamento coerente che, in una splendida scena, porta Vanessa a dar voce a tutte le grassottelle del mondo e a difendere i diritti di coloro che, per una ragione o per l’altra, non corrispondono a modelli più o meno imposti e non si accontentano della consolazione di una scontata bugia. Il tutto inserito in un programma destinato, non dimentichiamolo, a far ridere. Il che - ora abbiamo la prova definitiva - è la cosa più seria che ci sia.

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