Non è da tutti avere un bollettino unico di pagamento che si chiama come un cacciabombardiere: F24. La ragione, credo, è che pagare le tasse è un po' come andare in guerra: c'è una gran confusione, nessuno ti sa dire che cosa sta succedendo, si sentono urla e imprecazioni. In più, la tradizione vuole che quando le cose si mettono male e decisioni gravi si imporrebbero, gli Alti Comandi abbandonino le truppe al loro destino. Che è quello di non capire, di non sapere e, spesso, di mettersi in coda alle Poste senza una ragione particolare: tanto quando si arriva allo sportello qualcosa da pagare la si trova sempre.
L'incapacità dello Stato di fare i conti con i cittadini - sia quando deve incassare sia quando è tenuto a erogare - è la più tremenda e ridicola sconfitta di quel tentativo di organizzazione umana che passa sotto il nome di civiltà. La discussione qui non è di carattere filosofico, morale o finanziario: non si tratta di definire qual è l'aliquota “giusta” e quale detrazione civile assegnare a chi è più in difficoltà. Lo scontro non è tra liberismo e welfare: infatti, non confrontano due parti. Quello che è in corso potrebbe essere descritto come un assurdo gioco di mosca cieca nel quale tutti i concorrenti sono bendati. Alcuni di questi vanno in giro armati di randello fiscale e lo menano sulla testa di chi capita a tiro.
Pare che l'altro ieri sia stato messo in circolazione un bollettino precompilato per il pagamento della Tasi che però, come hanno scritto i giornali, “non aiuta”. Che cosa fa, allora, una volta arrivato in casa nostra? Racconta barzellette? Si fa offrire il caffè? Come può esistere qualcosa di concepito, in origine, per anticipare il più possibile delle informazioni necessarie a svolgere un atto pubblico - questa la vera natura dei moduli - che non riesca poi a essere di alcun aiuto? E se riesce a esistere, perché non lo eliminiamo prima che ci danneggi? Questo è il guaio degli F24, bombardano tutto tranne ciò che dovrebbero.
© RIPRODUZIONE RISERVATA