La musica finita

Chi lo sa? Magari sarà bello. Per adesso è un evento, e tanto basta. Almeno per tre mesi resterà tale e ci sarà tutto il tempo per discuterlo, interpretarlo, attaccarlo e difenderlo, esaltarlo e disprezzarlo: poi diventerà un disco come tutti gli altri e la particolare aura che lo circonda - dovuta esclusivamente al fatto che ancora non esiste - sarà scomparsa per sempre.

L’evento - e il disco - di cui vado cianciando si chiama “The Endless River” (“Il fiume infinito”) e sarebbe (anzi, sarà) il nuovo album dei Pink Floyd, il primo dopo venti anni. La sua pubblicazione, prevista per il prossimo ottobre, è stata annunciata con un “distratto” tweet da Polly Samson, moglie del chitarrista David Gilmour. E poi dicono che le donne sanno tenere un segreto.

Fatto sta che dopo il tweet incriminato, l’entourage di Gilmour ha ammesso e precisato: si tratta di un disco nuovo ma tratto da session del gruppo registrate nel 1994. «Il canto del cigno di Rick Wright (il tastierista morto nel 2008, ndr): un lavoro bellissimo».

Nessuna perplessità sul fatto che i Pink Floyd, o ciò che ne resta, promuovano il loro lavoro come «bellissimo» ma il lancio, così causale e insieme studiato, di “The Endless River” non ha bisogno di aggettivi che definiscano il contenuto del disco: l’annuncio di un nuovo album dei Pink Floyd è un evento in sé, senza bisogno di altre componenti se non le parole che lo formano e gli danno significato. Per tre mesi, nei fan del gruppo, nel mondo della musica rock, nelle innervature della cultura popolare che ancora fanno riferimento a un passato relativamente recente, scorrerà una nuova corrente, si percepirà un’inedita tensione saltellare sulle sillabe di un marchio ancora celeberrimo - Pink Floyd -, e rimbalzare ingigantendosi sulle reminiscenze di dischi leggendari come “The dark side of the moon” e “The Wall”. Poi, “The Endless River” diventerà un prodotto, un suono, una melodia. E la musica sarà finita.

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