La parola decenza

Nessuno ancora è stato condannato - a parte quei pochi che hanno scelto la via del patteggiamento - ma il rinvio a giudizio di 56 consiglieri della Regione Lombardia per le cosiddette “spese pazze” qualche riflessione deve pur suggerirla.

Come sempre nella la realtà si insinua un’implacabile ironia. Proprio mentre Milano si appresta a insegnare al mondo come mangiare meglio, più equamente, senza sprechi e in piena salute - il tema di Expo 2015 è: “Nutrire il pianeta” - la giustizia si occupa di un manipolo di prodi che, salvo errore, per nutrire se stessi e il proprio entourage non avevano bisogno né di esposizioni internazionali né di altri incoraggiamenti.

Non sarà facile, per il pubblico ministero, dimostrare violazioni penali inequivocabili nella pila di rimborsi spese per ristoranti, alberghi, bar e discoteche che gli instancabili consiglieri sono andati accumulando negli anni. Come distinguere quello che sarà stato un vero e proprio pranzo di lavoro da un accaparramento ignobile, dal vergognoso assalto alla tartina motivato solo da ingordigia letterale e figurata? Problema non di poco conto, ma che riguarda magistrati e giornalisti che scrivono la cronaca giudiziaria. Noialtri pezzenti da strada possiamo invece dire la nostra, liberi di pensiero e mai gravati da un rimborso spese a carico dei contribuenti.

La nostra, se mi permettete di dirla a titolo collettivo (ma è solo una proposta) sarebbe la seguente: signori consiglieri, la prossima volta - ovvero da oggi in avanti - carboidrati, proteine, fibre, alcol e zuccheri, please, pagateveli da soli. Non vediamo (più) altra necessità (se non strettamente istituzionale, ovvero non “colazioni di lavoro” ma “pranzi ufficiali”) per rimborsare il carburante della vostra digestione. Non approvo lo scellerato, univoco e ormai ottuso ritornello anti-Casta. La mia (nostra?) osservazione non ha nulla a che fare con le strida giacobine. Essa richiama invece una parola che si pronuncia sempre con rispetto e compostezza: decenza.

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