La parola proibita

La parola proibita

Buone notizie per la lingua francese: dopo anni e anni si vede restituire la parola "absinthe" (assenzio). Non che fosse stata cancellata dal dizionario; piuttosto le era impedito per legge di associarsi al suo significato. Secondo una qualche normativa statale, tutto poteva essere chiamato "assenzio" a capriccio del cittadino (un autobus, una molletta gialla, i nei di una ballerina del Moulin Rouge), tranne l’assenzio vero e proprio, ovvero quella famigerata bevanda alcolica ricca di suggestioni letterarie, verdognola come l’invidia, al sapor di liquirizia come le caramelle offerte dai malintenzionati.
Bandito per decenni a causa di una sua presunta, devastante nocività, l’assenzio è stato riammesso in commercio nel 1988 purché rispettasse le regole europee sul contenuto di tujone - un componente neurotossico - e non venisse prodotto con il nome, appunto, di "absinthe". Divieto che ora, nell’anno 2011, la Repubblica Francese ha finalmente rimosso, riaccostando così significato e significante in un legittimo matrimonio. Sembra poca cosa ma, a pensarci bene, non lo è: si tratta anzi di una significativa vittoria dell’uomo nella sua atavica lotta contro la paura delle parole. Per lunghi anni, la Francia ha temuto più la parola della bevanda stessa, forse turbata dal lontano ricordo di perdizioni oggi francamente risibili. Paura superata e non si può che esserne soddisfatti: è un passo in direzione della saggezza. La quale, non dimentichiamolo, ha come fine ultimo quello di chiamare le cose con il loro nome.

© RIPRODUZIONE RISERVATA