Se dovessimo indicare un mito incontrastato della nostra epoca, dovremmo proprio parlare della bellezza. Non è da oggi che essa ammalia e ossessiona il genere umano, ma mai come adesso la si ritiene essenziale. Un tempo si tendeva a fondere la bellezza materiale con quella spirituale, la bellezza della natura con quella degli uomini e delle donne, per esaltare infine una sintesi astratta del bello. Oggi della bellezza, ricondotta unicamente a quella fisica, si fa un'arma: tutti vogliamo essere belli - e giovani - perché reputiamo che tanto basterà ad assicurarci soddisfazione sociale, e di conseguenza, felicità.
Ma è proprio vero? Quanto la bellezza personale, vale a dire l'attrazione che con la apparenza esercitiamo sugli altri, contribuisce a ciò che potremmo definire il bilancio consuntivo della nostra felicità? Spero consci di affrontare un tema nodale del quotidiano di tutti noi, alcuni ricercatori si sono messi d'impegno per cercare di stabilirlo. L'indagine si è basata su un alto numero di interviste molto articolate, il cui meccanismo è difficile da spiegare in breve. In estrema sintesi si può dire che due distinti gruppi di volontari sono stati sottoposti a questionari nei quali, in un caso, il tema centrale della bellezza era lampante, dichiarato, e nell'altro era invece "nascosto" in mezzo a domande di altra natura.
Si è scoperto che la bellezza faceva la differenza solo nell'opinione e nell'esperienza del primo gruppo, vale a dire di chi era forzato a pensarci, mentre per il secondo non emergeva affatto come fattore importante e tantomeno decisivo. Parrebbe che l'inesausto inseguimento di modelli di bellezza spesso imposti da moda e, in generale, avanguardie di stile, sia praticamente fine a se stesso. Corriamo verso un traguardo pur sapendo che, una volta raggiunto a prezzo di costanza e sacrifici, non avremo in cambio quasi nulla. Anche in questo la bellezza conferma la sua natura effimera, eppure c'è da scommettere che ci accompagnerà fino alla fine dei tempi.
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