Se dovessimo valutare, d’istinto, senza dati e tabelle alla mano, il livello di corruzione nei Paesi dell’America Latina, probabilmente, forti dei nostri infallibili pregiudizi, ipotizzeremmo che siamo all’emergenza o giù di lì. Ebbene: avremmo torto e ragione nello stesso tempo.
Il fatto è che, sullo specifico fenomeno, la mappa dell’America Latina è diseguale. Qualunque sia la nostra impressione, Brasile e Argentina sono Paesi relativamente poco corrotti, il primo in particolare. Secondo un’indagine, nel giro di 12 mesi “solo” l’11 per cento dei cittadini ha dovuto versare una mazzetta per accedere a servizi di base o per ingraziarsi personale addetto ai medesimi: dirigenti scolastici, staff ospedaliero, funzionari governativi, poliziotti, giudici. In Argentina la percentuale sale al 20 ma a Trinidad e Tobago scende al 6.
Un saliscendi, dunque, del quale però il Messico rappresenta la vetta impareggiabile: lassù il 51% dei cittadini paga, in un anno, almeno una tangente. Se più della metà della popolazione ricorre alla bustarella, vuol dire che questa si è fatta sistema e poiché la tangente altro non è che un chiavistello per scardinare leggi e regolamenti, tutto questo indica che in Messico la legge ha la serratura debole. Per fortuna da noi le cose non stanno così e la legge, qui, è dotata di serrature formidabili. Peccato solo che qualcuno troppo spesso si dimentichi di chiudere la porta.
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