Ci vorrebbe qualcosa di meglio del mio inglese alla “the cat is on the table” per tradurre il brano che vorrei proporvi oggi ma, insomma, farò del mio meglio:

«La scienza è qualcosa in più di un cumulo di conoscenze; è un modo di pensare. Io ho il presagio di un’America - al tempo dei miei figli o dei miei nipoti - quando gli Stati Uniti avranno un economia basata sui servizi e sull’informazione, quando quasi tutte le industrie-chiave si saranno trasferite in altri Paesi, quando straordinari poteri tecnologici saranno raccolti nelle mani di pochi e nessun rappresentante dell’interesse pubblico sarà in grado di comprendere i problemi; quando la gente avrà perso la capacità di stabilire le sue priorità e di confrontarsi con l’autorità sulla base di fatti e conoscenze; quando, stringendo le nostre sfere di cristallo e consultando nervosamente l’oroscopo, le nostre facoltà critiche in declino, incapaci di distinguere tra ciò che sembra buono e ciò che è vero, scivoleremo, quasi senza accorgercene, di nuovo nella superstizione e nell’oscurità».

Sarebbe già un bel testo lungimirante se fosse stato scritto ieri pomeriggio ma no, esso risale al 1995 ed è tratto dal libro “Il mondo infestato dai demoni” (“The Demon-Haunted World: Science as a Candle in the Dark”) dell’astronomo e divulgatore scientifico Carl Sagan.

L’hanno tirato fuori in tanti, il brano, perché fa comodo oggi, quando il cavaliere dell’Apocalisse dell’oscurantismo sembra essersi incarnato in Donald Trump, ma usarlo come arma di polemica politica è davvero limitativo. Sarebbe perfino rassicurante se la fonte del declino fosse identificabile in una sola persona (o in un gruppo ristretto): la verità è che tutti abbiamo contribuito a realizzare la profezia di Sagan concedendoci con voluttà opinioni di comodo, masticando mezze verità, indignazioni pronte all’uso, glorificando pseudoscienze e infantili dietrologie. Sagan forse sbaglia solo quando punta il dito contro l’oroscopo: in questo casino, sembra l’unica cosa seria.

© RIPRODUZIONE RISERVATA