La profezia

La profezia

Davanti al panettiere incontro la signora Malinpeggio. Tardivi ma necessari i reciproci auguri di "buon anno": è la prima volta che i nostri passi si incrociano in questo nebbioso 2011. Va da sé il mio saluto sia dedicato all’"anno ancora in fasce", come diceva un estinto luogo comune che il sottoscritto non esita a riportare in vita per pura pigrizia mentale.
La signora mi guarda come per accertarsi se per caso qualcuno mi abbia praticato una lobotomia: «Come sarebbe che cosa penso del 2011? Le ho appena detto "buon anno", mi pare. O no?» «Lo ha detto, infatti» replico io, «ma, detto tra noi, che cosa intendeva augurare, sul serio?» Si è aggiustata la borsetta sull’avambraccio: «Intendevo augurarle un "buon anno", ovvero un anno in cui saprà rassegnarsi il prima possibile alle sciagure che ci attendono». «Sarebbe a dire?» «La fine del mondo, nel 2012». Questo mi ha sorpreso: «Signora Malinpeggio, lei davvero crede alla profezia dei Maya?» La signora ha tentennato il capo: «Crederci è troppo. Diciamo che ci spero». «Ci spera!» «Ma certo» ha spiegato, «ci spero perché così sarebbe finalmente provato che la ragione sta dalla parte di chi prevede il peggio e si comporta di conseguenza. La ragione, insomma, appartiene ai pessimisti». Ho sorriso: «Pessimisti per modo di dire. Quando fecero quella profezia, i Maya vollero concedersi  migliaia d’anni di teorica sopravvivenza. Comodo, non le pare?»
La signora non si è scomposta: «Pessimisti» ha detto, «non scemi».

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