Qualche tempo fa - forse un paio d’anni - la questione riguardava il colore di un vestito a righe. Qualcuno, nella foto in Rete, lo vedeva oro a strisce bianche, qualcun altro blu e nero. Non c’era chi avesse torto: il colore dipendeva dalla “traduzione” della corrispondente onda elettromagnetica da parte dei nostri occhi e del nostro cervello. Occhi e i cervelli non sono tutti uguali e dunque il colore poteva cambiare. Ora l’interrogativo viene proposto circa un paio di scarpe. Verdi e grigie oppure bianche e rosa? Stessa incertezza, stessa spiegazione.
Su questo punto chi studia le neuroscienze è arrivato a una conclusione abbastanza sorprendente: il colore, in sé, non esiste. Esistono le onde elettromagnetiche e il modo in cui noi le percepiamo, che può variare notevolmente, sia da soggetto a soggetto sia nella specie con il passare del tempo. È l’evoluzione al lavoro: oggi percepiamo certi colori in modo più sensibile marcato di altri perché sono associati, per esempio, al pericolo.
Chiarito (o distrutto) il concetto di colore, gli scienziati di cui sopra sono al lavoro oggi con quello di tempo che, dai primi accertamenti, potrebbe essere soggetto all stesso principio di incertezza In altre parole, potrebbe non esistere in sé ma essere il prodotto di qualcosa di completamente diverso che interagisce con la nostra percezione. Ed ecco così trovata la vostra prossima scusa per quando siete in ritardo.
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