Nel suo libro "Notizie da un’isoletta", il grande Bill Bryson racconta di quando la proprietà editoriale del prestigioso quotidiano "The Times" di Londra passò nelle mani dell’australiano Rupert Murdoch (sì, proprio quello dello scandalo "News of the world").
Nel 1981 "The Times" era un giornale tanto prestigioso quanto elefantiaco. Una redazione affollatissima produceva un quotidiano ancora molto seguito ma piuttosto antiquato nello stile e, soprattutto, indebitato fino al collo. Murdoch, noto per la politica aggressiva e i modi spicci, inviò a Londra una squadra di manager "tagliateste" perché provvedessero a snellirgli rapidamente l’organico.
Bryson, nell’81 assunto come redattore economico, racconta di quando un paio di questi "tagliateste" entrarono in uno dei tanti uffici redazionali della sede londinese del "Times". Trovarono quattro scrivanie: tre occupate da altrettanti redattori e una vuota. I tre redattori non seppero, lì per lì, spiegare la natura e la qualità del loro lavoro e furono licenziati sul posto. Solo il titolare della quarta scrivania, quella vuota, salvò il suo impiego: era uscito per piazzare una scommessa nella vicina agenzia ippica.
Con tutto il rispetto per il governo e per i sindacati, mi piacerebbe che in Italia non accadesse quello che accadde al "Times". Se c’è qualche fannullone da spedire a casa, d’accordo, ma non vorrei finissero per farla franca proprio quelli cui piace scommettere senza farsi mai vedere.
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