In una puntata di "Matrix" (Canale 5), che, credo, abbiamo visto solo io, la mamma di Alessio Vinci e una zia di Renato Brunetta, l’ex ministro per la Pubblica amministrazione del governo Berlusconi, con la vitale aggressività che, in lui, sostituisce ogni traccia di simpatia, ha cercato di imporre un concetto: «Non è vero che nel governo Monti sono tutti bravi e che noi eravamo tutti fessi. Io, in particolare, ero (e sono) un genio».
Operazione fallita, perché l’importanza della questione è pari a zero. Inoltre, per quanti sforzi faccia, l’ex ministro non può ribaltare un giudizio che non è personale e individuale, ma impersonale e diffuso. Dove con diffuso non si intende largamente condiviso, quanto amalgamato, profuso nel giudizio che i tempi hanno dato di lui e del governo cui ha partecipato. Brunetta è parso un pittore che rifiuti una recensione negativa. Armato di tabelle, parole, gesti, sorrisini e sorrisacci, l’ex ministro ha tentato l’impossibile: salvare se stesso da un giudizio storico che non è di pochi né di tanti, ma di tutti, quando con "tutti" si accoglie l’astrazione di un Paese che, di quel periodo, ha già fatto il bagaglio leggero di un ricordo.
L’artista non è in grado di riscattarsi da una brutta recensione, per quanto irragionevole o affrettata sia: essa appartiene alla generale ma legittima arbitrarietà delle opinioni e, soprattutto, delle percezioni collettive. E se siamo stati arbitrari noi nel giudicare Brunetta, altrettanto arbitrario è lui nel chiederci di riformulare il nostro giudizio.
Operazione fallita, perché l’importanza della questione è pari a zero. Inoltre, per quanti sforzi faccia, l’ex ministro non può ribaltare un giudizio che non è personale e individuale, ma impersonale e diffuso. Dove con diffuso non si intende largamente condiviso, quanto amalgamato, profuso nel giudizio che i tempi hanno dato di lui e del governo cui ha partecipato. Brunetta è parso un pittore che rifiuti una recensione negativa. Armato di tabelle, parole, gesti, sorrisini e sorrisacci, l’ex ministro ha tentato l’impossibile: salvare se stesso da un giudizio storico che non è di pochi né di tanti, ma di tutti, quando con "tutti" si accoglie l’astrazione di un Paese che, di quel periodo, ha già fatto il bagaglio leggero di un ricordo.
L’artista non è in grado di riscattarsi da una brutta recensione, per quanto irragionevole o affrettata sia: essa appartiene alla generale ma legittima arbitrarietà delle opinioni e, soprattutto, delle percezioni collettive. E se siamo stati arbitrari noi nel giudicare Brunetta, altrettanto arbitrario è lui nel chiederci di riformulare il nostro giudizio.
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