Siete soggetti a sbalzi di umore, a piccole e grandi crisi depressive? Vi angustiate per il vostro lavoro, per i figli, per la famiglia tutta, per la salute, la situazione economica e il futuro? Ebbene, sappiate che secondo un nuovo studio siete in candidati ideali per l’Alzheimer. Adesso sì che avete qualcosa di cui preoccuparvi.
Ora vi dico perché anch’io sono un potenziale malato di Alzheimer: perché certi studi medici mi fanno arrabbiare e preoccupare. Infatti, dopo averci detto che preoccupazioni e stress sono il terreno di coltura ideale per la temibile malattia, i responsabili della ricerca di cui sopra ci consigliano vivamente di «rallentare i ritmi », di «prendercela comoda», di «rilassarci» di «lasciar riposare la mente» senza sovraccaricarla con stimoli, impegni, sforzi. Tutte frasi che, il più delle volte, innescano in me quel singolare processo di surriscaldamento psicologico che, in dialetto, viene definito “futun”, italianizzato in “fottone”. Beffa doppia: in virtù di questa reazione irosa è come se prenotassi un volo diretto in business per il pianeta dell’Alzheimer.
Chiedo ai medici di essere così acuti nel guardare intorno a sé come lo sono nello scrutare i vetrini sotto al microscopio. Il dottore può ordinarci di prendere una pillola ma difficilmente può pretendere che noi si metta da parte lo stress. Certo, possiamo sforzarci - ma sforzarci non è proprio ciò che non dovremo fare? - di trovare più spazi per l’ozio e il rilassamento, ma il mondo d’oggi - rendiamocene conto - non ci aiuta, anzi. Le qualità che ci vengono presentate come le più adatte ad affrontare la modernità sono la rassegnazione alla precarietà e la capacità di fare più cose contemporaneamente (“multitasking”): atteggiamenti che stimolano, producono addirittura, lo stress. I medici, in sostanza, ci prescrivono un modo che non esiste e se esiste a fatica possiamo permettercelo. Ecco, questo volevo dire. E forse dell’altro, ma chi se lo ricorda. Sarà l’Alzheimer?
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