La riforma

La riforma

Il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo illustrerà oggi al Consiglio dei suoi pari il progetto di una riforma della scuola in cui sia possibile «valorizzare la capacità e l’impegno». «Promuovere i più bravi» ha aggiunto il ministro, «aiuta la scuola nel suo complesso, se i bravi non sono bravi solo per se stessi ma anche per la società».

E bravo il Prof (nel senso di Profumo ma anche di "Professore", visto che si occupa di scuola): approviamo la sua determinazione. Naturalmente, non è possibile esimersi dal manifestare un certo stupore alla scoperta che sia necessaria una riforma per far sì che la scuola italiana premi i più bravi. Se così è, allora abbiamo bisogno di una controriforma, non di una riforma.

Che io ricordi, infatti, nei lontani tempi in cui io frequentavo i banchi era dato per scontato che i più studiosi venissero premiati con buoni voti e che gli svogliati sprofondassero in quelli negativi o, più spesso, che si ritrovassero a lottare sul filo della bocciatura o della paccata - per restare nel linguaggio ministeriale - di esami a settembre. Nessuno si azzardava a pensare che la scuola avrebbe dovuto fare il contrario, cioè premiare gli asini in luogo dei secchioni, oppure che avrebbe dovuto ignorare gli uni e gli altri in nome di una sorta di indifferenza didattica.

Perfino l’ultimo della classe, con il suo ghigno alla Franti, l’aria torva del reietto e l’occhio pronto a scoccare un "che cacchio vuoi?" a chiunque avesse osato fissarlo, era perfettamente partecipe di questo sistema di valori. Segretamente, anzi, ne era il primo sostenitore, visto che il titolo di ultimo della classe, esattamente come quello di primo, non era mai frutto del caso ma di programmazione, impegno e preciso senso di appartenenza al mondo. Cosa che perturba gli adulti, molto meno i ragazzi.

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