La rima legale

«Ci siamo ritrovati intorno quattro bimbi che avevano appena finito di mangiare la merce rubata. Ci siamo commossi, decidendo di pagare noi lo scontrino al supermercato dove le loro madri avevano poco prima rubato il cibo surgelato».

Riferisce così, l’agenzia Ansa, le parole pronunciate dal comandante della stazione dei carabinieri di Telese Terme (Benevento). Un furto al supermercato per merce di valore pari a 6,58 euro, finito con un gesto di comprensione e umanità invece che con manette, verbali, patteggiamenti e fedine penali irrimediabilmente sporche. In giorni in cui le forze dell’ordine sembrano faticare a tenere alta la loro reputazione, viene spontaneo sottolineare il fatto anche se esso non è accaduto, per noi, proprio dietro l’angolo.

Detto questo, devo confessare un secondo fine. Il furto con commozione di Benevento mi offre infatti l’occasione per parlare di legalità, una parola che in campagna elettorale viene tirata fuori come si fa (o si faceva) la domenica con il servizio buono di posate. Ne parlano continuamente i partiti, certo per sentito dire, perché in parecchie circostanze, nella loro storia, hanno dimostrato di non averne diretta familiarità. Ne parlano anche gli anti-partiti, sollevando - e un po’ fomentando - quei sentimenti di virtuoso furore che infiammano le masse, sempre pronte a proclamarsi oneste e perseguitate in blocco, perché prese per individui, separate testa per testa, non sempre mostrano corrispondente nitore.

Comunque sia, il caso di Benevento vale a ricordare che, nella legalità, c’è del relativo. Ovvero che la presenza delle regole, nella società, è un grande presupposto di eguaglianza e di giustizia ma, appunto, è solo un presupposto. Senza ragione, senza senso della misura, senza giudizio e infine - come ci ricordano i carabinieri di Telese Terme - senza commozione, legalità è solo una parola che fa rima con stupidità.

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