L ’insistere della preparazione per i festeggiamenti di Halloween - l’appuntamento è per lunedì prossimo - ci dice che abbiamo appaltato l’ultima decade di ottobre a una sorta di fiera dell’horror che, non ne dubito, avrà i suoi vantaggi commerciali.
Non solo costumi, zucche e caramelle: la strada verso la più dolciastra tra le notti tenebrose viene ormai pavimentata da appuntamenti sul tema. Sky Italia, per esempio, ne approfitta per lanciare la nuova stagione di “The Walking Dead”, serie sugli zombie che mette in scena i momenti più dinamici dell’Inter di De Boer, mentre nel fine settimana, al cinema, debutterà “Ouija - L’origine del male”, film horror su una ragazzina che, posseduta dal demonio, ripete i tweet di Gasparri.
Come altre ricorrenze di inclinazione commerciale, Halloween può farci alzare un sopracciglio o due. Tuttavia, senza rinunciare alle nostre riserve, potremmo approfittarne per far due parole su un genere, quello horror, che non manca di nobiltà e che, soprattutto, ha lasciato il segno in tutti noi.
Anche concentrandosi sul cinema si aprirebbe, credo, un bel dibattuto su qual è, per ognuno di noi, il film “di paura” più “di paura”. C’è chi si rifarebbe a “Shining” e chi a Dario Argento, qualcuno ricorderà l’“Esorcista” e altri rievocheranno le efferatezze di “Non aprite quella porta”.
Per me - a parte l’episodio “Amelia” in “Trilogia del terrore” (1975), di cui non posso parlare senza nascondermi tremando sotto il tavolo -, il massimo dello spavento rimane “La scala a chiocciola” (1946), visto da ragazzino in tv in un indimenticabile crescendo di fifa. Come si vede, i miei riferimenti sono un pochino datati, ma non credo che il 3D e il progresso negli effetti speciali potrebbero aumentare la tensione compressa in ogni fotogramma di quella vecchia pellicola. Nella scena clou, Dorothy McGuire, nei panni di Elena (una giovane domestica muta, disabilità che ho sempre trovato straordinariamente evocativa) scende, appunto, una scala a chiocciola reggendo davanti a sé una candela. In fondo, nel buio, l’attende l’assassino. E noi a disperare per lei, costretta, come tutti, a calarsi verso il destino senza parole per poterlo affrontare.
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