La scatola di Marco

Uno chef di stanza a New York ma dal sospetto (in senso buono) nome italiano, Marco Canora, ha pensato bene di avviare una personale crociata contro gli smartphone. O meglio, contro l'uso dei medesimi nel suo locale, l'“Earth”, Terra. Non è il primo a provarci, non sarà l'ultimo. A New York, e nel mondo, già si registrano numerose operazioni anti-telefonino al ristorante: c'è chi impone veri e propri divieti e chi offre sconti a coloro che spengono l'aggeggio. Canora, risentito dal fatto che sempre più clienti anziché concentrarsi sulla bontà del suoi piatti se ne stavano a crapone basso a far scorrere e-mail o a whatsappare (ecco un altro verbo consegnato alla grammatica tech di questi tempi), ha pensato a un approccio più morbido: una scatola su ogni tavolo, accompagnata dall'invito a seppellirvi il cellulare almeno per il tempo necessario al pasto. “Se nelle 24 ore della nostra giornata c'è un momento che dovremmo dedicare a chi è con noi è proprio quello a tavola” ragiona lo chef. La scatola anti-telefonino funziona, assicura: “Sei clienti su dieci la usano”. Verrebbe da ordinargliene una più grande, nella quale riporre una volta per tutte non solo lo smartphone ma anche questa ansia di organizzare, predisporre e stabilire il futuro che ci pervade tutti. E che rende il telefonino l'illusoria bacchetta magica che organizza le ore a venire, liberandole e ottimizzandole. In modo che noi si possa riempirla con altra ansia.

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