La sfilata

La sfilata

Sfilare o non sfilare? Questo il problema. Se onorare la Repubblica, sotto il sole di giugno, facendo mostra di militare potenza o farle diversamente omaggio, sotto il sole di giugno, soccorrendo, con i soldini risparmiati, la povera gente colpita dal terremoto: finalmente un dilemma degno di questo nome. Se non altro, si confrontano due modi alternativi di restaurare la dignità della nostra Nazione e non, come spesso accade, un assortimento di opzioni per ferirla ancora di più.

Se qualcuno fosse interessato alla mia opinione, ebbene mi sentirei di dire che, pur comprendendo le ragioni del presidente Napolitano, difensore della tradizionale parata del 2 Giugno, propendo per la parte di chi vorrebbe soprassedere, ma per una ragione diversa, forse, dai più.

Posta a celebrazione di una Nazione e della forma di sovranità da essa conquistata, mi pare che la parata militare sia un appuntamento datato, addirittura ottocentesco. Il battere degli stivali sull’asfalto, il luccichio delle medaglie e delle baionette, il gonfiarsi dei petti sotto le uniformi, appartengono a un’epoca in cui le Nazioni trovavano massimo orgoglio nel mostrare gli strumenti con cui avrebbero potuto macellarsi reciprocamente. Più alta acquisizione, non era immaginabile.

Un bel progresso, per gli stati moderni, sarebbe pensare a una sfilata nella quale si esibiscano altre potenze, più civili e moderne. Ecco aprire la sfilata un bel plotone di ricercatori scientifici, alla testa di un reggimento di studenti universitari premiati col massimo dei voti, segue una compagnia di chirurghi d’eccellenza, un’altra di restauratori, una squadriglia di brillanti letterati e, a chiudere, una pattuglia di validi geologi. Che bella sfilata, sarebbe, che bel modo di onorare la Patria. In Italia, tempo dieci minuti e saremmo tutti a casa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA