La signora Simatanto

Qualcuno userebbe lo sgradevole verbo “origliare”. Io preferisco l’espressione “casuale testimonianza uditiva”. Ciò accade quando qualcuno, nelle mie vicinanze, parla al telefonino. Lo ammetto senza reticenze: io ascolto. A mia parziale discolpa, il fatto che ormai gran parte delle persone parla al cellulare senza preoccuparsi di spargere attorno a sé informazioni anche intime. Chi passa o chi, come accade sui mezzi pubblici, si trova a condividere il medesimo spazio fisico, in fondo non può fare altro che raccogliere.

Devo però riconoscere che, in me, c’è anche del compiacimento. Cercate di capire: le conversazioni (o la metà delle conversazioni, per essere preciso) che intercetto sono quasi tutte entusiasmanti.

Mi spiego con un esempio. Un paio di giorni fa ho “intercettato” sul treno una signora davvero straordinaria. Oltre a una capacità polmonare invidiabile, ella dimostrava, nelle parole scambiate con un ignoto interlocutore, una sorta di inaudita capacità di rassegnazione, specie per le disgrazie altrui. L’ho battezzata signora Simatanto.

Il suo contributo alla conversazione suonava più o meno così:

«Che fate stasera? (notte di San Silvestro, ndr) Non uscite? Ah, Luigino è malato! Mi dispiace. Sì, ma tanto anche a uscire... Sai quanta gente ci sarà in giro! Un disastro. Che cosa ha Luigino? Si è fratturato entrambe le gambe? Sì, ma tanto a che gli serve camminare, visto che state a casa? Ah, la casa l’avete perduta per il terremoto? Sì, ma tanto con tutte le tasse che ci sono sulle case, quasi quasi vi conviene così. Ah, le tasse le dovete pagare lo stesso? Sì, ma tanto che te nei fai dei soldi, dico io? Con l’interesse che danno le banche conviene tenerli nel portafoglio. Ah, il portafoglio te l’hanno rubato. Sì, ma tanto sarà stato vecchio: adesso con i saldi te ne compri uno nuovo. Con che soldi lo compri, dici? Adesso che Luigino è malato e tu sei stata licenziata... Sì, ma tanto, anche a lavorare... Con i lavori precari che ci sono adesso, ti conviene stare a casa. Dimenticavo: il terremoto. Sì, ma tanto poi ricostruiscono...»

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