La stessa cosa

Premesso che non sono per la demonizzazione di nessuno, tantomeno per una religione con milioni  e milioni di seguaci, devo dire che incomincia a essere legittimo chiedersi in quale direzione si sta  muovendo l’Islam. La domanda non ha legami con la teologia, la politica o la strategia militare: diciamo che si tratta di una questione culturale; di cultura popolare, per la precisione. Il fatto che, come si dice, esista un Islam estremista pone molte domande a chi si riconosce in quella religione: è giusto quanto sostengono i fanatici? E’ in linea con i dogmi e la tradizione? Forse, si interroga qualcuno, non sono un buon musulmano se, la mattina prima di colazione, non mi premuro di decapitare almeno un infedele. Per fortuna a far chiarezza, nei Paesi contesi dall’Islam  estremista, intervengono oggi i media. In particolare la televisione, che schiera “talk show” di altissimo spessore.  

Prediamo il caso di Mohammad Al Arifi, conduttore di un “salotto” tv che vanta, a quanto pare, milioni di ascoltatori. Egli, al di sotto della regolamentare barba, apre spesso la bocca per dispensare consigli di quotidiana vita musulmana. Ultimamente si è distinto per aver spiegato ai mariti come dare una buona pestata alla moglie: “Come non picchiereste un asino o un cammello sul muso, se volete poi che vadano nella direzione a voi gradita, così non colpirete la moglie sulla faccia. Meglio dirigere le botte sulle braccia, le gambe e il didietro, dove i segni non saranno visibili in pubblico”. 

Se suggerimenti di questo genere vengono ascoltati e penetrano nella coscienza collettiva, possiamo ben dire di avere un problema. Spero che quella cultura sappia produrre una sorta di opposizione a se stessa, commentatori moderati che, con altrettanta efficacia, sappiano contrastare opinioni tanto illuminate, se solo sul muro ci fosse il calendario del 1100. Almeno uno, va detto, pare farsi avanti: tale Mahario Al-Schiani secondo il quale tutte le donne sono autorizzate, capitasse l’occasione, a  menare di brutto Mohammad Al Arifi. Sulla faccia o sul culo, non importa. Nel suo caso, sono la stessa cosa.

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